L’uomo di Dio e l’Autorità (pt 2)

La Bibbia indica che erano uomini maligni quelli che accusarono Nabote per ordine di Jezabel.

“La gente della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella città, fecero come Izebel aveva loro ordinato, scrivendo le lettere che aveva loro mandate.” (1 Re 21:11)

Per quale motivo il popolo obbedì a Jezabel? Perché le lettere furono inviate con il sigillo reale; immediato, nella comprensione dei notabili, che era un ordine diretto del re, e doveva essere obbedita. Questo ci mostra l’attenzione che tutti coloro che sono stati rivestiti di Autorità devono avere, perché una volta che i loro ordini vengono ottemperati senza disquisire, possono dare origine a enormi ingiustizie, come avvenne con Nabote.

Bandirono il digiuno, e fecero sedere Nabot davanti al popolo. Poi vennero i due malfattori. Si misero di fronte a lui, e deposero così contro di lui, davanti al popolo: Nabot ha maledetto Dio e il re. Allora lo condussero fuori dalla città, lo lapidarono, ed egli morì.
(1 Re 21:12-13)

Questi uomini maligni usarono un pretesto con contenuto spirituale per giustificare un’attitudine maligna.

Così accade quando qualcuno, rivestito di Autorità, permette che siano adempiute procedure a nome suo e, quando sorge qualche problema, “riversa” la responsabilità su chi svolse quel lavoro. Quando si permette che vengano compiute ingiustizie a proprio beneficio, e condanna chi le esegue, si sta escludendo dalla sua funzione di responsabile.

Anche in una democrazia, spesso vediamo un totalitarismo in vigore in torno a noi. Esistono molti totalitaristi eccentrici che, a causa di questo rimettono in discussione i colleghi, la Chiesa e il lavoro.

Quando il responsabile è totalitarista, quali sono le conseguenze? Pensa in questo.

“(…)Quando Izebel udì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: Àlzati, prendi possesso della vigna di Nabot d’Izreel, che egli rifiutò di darti per denaro; poiché Nabot non vive più, è morto. Quando Acab udì che Nabot era morto, si alzò per scendere alla vigna di Nabot d’Izreel, e prenderne possesso.” (1 Re 21:15-16)

Jezabel raggiunse il suo obiettivo perché non misurò gli sforzi, ma Dio vede tutte le cose e le conseguenze verranno, come vengono nella vita di chi agisce allo stesso modo.

“Allora la parola del SIGNORE fu rivolta a Elia, il Tisbita, in questi termini: Àlzati, va’ incontro ad Acab, (…); egli è nella vigna di Nabot, dov’è sceso per prenderne possesso. E gli parlerai in questo modo: “Così dice il SIGNORE: Dopo aver commesso un omicidio, vieni a prendere possesso?” E gli dirai: “Così dice il SIGNORE: Nello stesso luogo dove i cani hanno leccato il sangue di Nabot, i cani leccheranno anche il tuo” (1 Re 21:17-19)

Dio non menziona neanche Jezabel, ma affronta Acabe, attraverso il profeta, con i suoi errori. Ci mostra che, indipendentemente dal chi agisce, se è stato da noi permesso, la responsabilità è sempre nostra ed anche le conseguenze. Molte volte, che deve andare al campo e si fa debole dando una scusa, ma il compito di un leader non è piangere ma si agire, non è essere vittima, ma assumere la responsabilità di ciò che gli è stato affidato.

“Acab disse a Elia: Mi hai trovato, nemico mio? Elia rispose: Sì ti ho trovato, perché ti sei venduto a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE.” (1 Re 21:20)

In che modo Acabe avrebbe potuto vedere Elia come nemico? Può un profeta essere nostro nemico? Chiaro che no! Nonostante, Acabe sapeva di aver sbagliato di essersi venduto, per questo, la presenza di Elia lo importunava.

Quando l’uomo di Dio si nasconde dietro a qualcuno, allora, si dimostra debole, si sta vendendo e negando il proprio Dio.

C’è chi dice che è meglio un codardo vivo che un eroe morto.

Si, il codardo potrà sempre trasformarsi in eroe, così come ognuno di noi può sempre apprendere, smettendo di essere debole e diventando forte.

Mentre un eroe morto, non potrà godere neanche della fama che si è conquistato!

Dio benedica tutti,

Vesc. Antonio Carlos – Portogallo

Vescovo Julio Freitas
bispojulio.com